Renzo Zorzi (1921-2010)


 

 

RENZO ZORZI (1921-2010)

 

 

Partigiano, letterato, intellettuale,

diventato manager ed ambasciatore dell’arte e della cultura italiana

 

 

a cura di Gabriele Alloro

 

 

1978 CopiaRenzo Zorzi nasce a Montorio Veronese il 13 Settembre 1921 e vi trascorre parte della sua infanzia in una numerosa famiglia. Il padre Giuseppe Giovanni (meglio conosciuto come Bepi Zorzi) è un ferroviere che, a causa delle sue idee antifasciste, verso la fine degli anni ’20 viene confinato in Friuli dov’è costretto a trasferirsi con la famiglia. Prima a Casarsa della Delizia, poi a San Vito al Tagliamento e quindi a Mestre dove muore nel 1934, in seguito ad un incidente sul lavoro che non manca di suscitare forti sospetti, lasciando la moglie e sei figli.

Nonostante le precarie condizioni economiche in cui viene a trovarsi la sua famiglia, riesce comunque a frequentare il liceo classico “Maffei” e nell’estate del 1938 viene lodevolmente menzionato dal giornale L’Arena per aver collaborato attivamente ad una commedia teatrale con la stesura di musiche e liriche per il coro da lui diretto.

Successivamente si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università di Padova e durante la guerra, studia, lavora e aderisce alla sezione veneta del Partito d’Azione fondata nel corso di una riunione presso l’ufficio di Norberto Bobbio, allora docente di filosofia del diritto a Padova.

Subito dopo l’8 settembre 1943, ad un passo dalla laurea, interrompe temporaneamente gli studi per partecipare alla Resistenza nella zona della Bassa veronese tra le file della formazione partigiana Giustizia e Libertà, dove conosce la fatica, la fame e il pericolo, ma anche alcune persone a cui si lega con rapporti di profonda amicizia: Luigi Meneghello, Franco Cingano, Bruno Visentini e Licisco Magagnato, insigne studioso veronese quest’ultimo che arriverà poi a ricoprire la carica di direttore del Museo di Castevecchio.

Al termine del conflitto viene premiato con una Medaglia d’argento e rimane attivo nel Partito d’Azione dirigendo Tempo nuovo, il periodico culturale del Partito d’Azione locale. Quindi viene chiamato a far parte della direzione di Verona Libera, il quotidiano veronese che sostituisce L’Arena temporaneamente sospesa perché compromessa con il fascismo.

Così egli stesso ricorda quel periodo:

«Passarono dalla redazione per una veloce visita De Gasperi, che era ministro degli Esteri, Scelba, il presidente del Consiglio Bonomi, che ricoprì la carica fino alla Liberazione, e il luogotenente Umberto II. Ebbi uno scambio d’idee con De Gasperi e Scelba, poche parole con Umberto II, uomo, mi diede l’impressione, molto riservato.

01 resistenza 672 458 resize[…] A quell’epoca ero nella formazione partigiana Giustizia e Libertà […] Mi cercò il Partito d’Azione perché dovevo prendere uno dei posti di direzione del quotidiano Verona Libera, che sostituiva L’Arena. In realtà si trattava di un gruppo di direzione, con Piero Gonella designato dalla Democrazia Cristiana, Emo Marconi per il Partito Comunista, io per il Partito d’Azione, e Carlo Miollo per il Partito Socialista.

La sede era nella mura di Gallieno e in una città distrutta dai bombardamenti e ancora attanagliata da gravi problemi, come la fame e la mancanza di case, far uscire un quotidiano, sia pur di quattro pagine appena, era un’impresa.

Era tutto molto difficile ad iniziare dai collegamenti telefonici. Rammento che Gonella telefonava tutte le sere al fratello Guido, che era in contatto con l’Osservatore Romano, per sapere cosa succedeva nella capitale, quali erano gli orientamenti del governo provvisorio. Poi c’era uno degli stenografi che ascoltava Radio Roma e Radio Bari, per cercare di captare tutte le novità possibili e per sapere come i giornali nazionali avrebbero titolato i loro articoli il giorno successivo. Io, invece, facevo riferimento ad Italia Libera, a Milano, all’epoca diretta da Leo Valiani. Il giornale aveva anche un’edizione romana diretta da Carlo Levi. Ricordo che una volta, verso i primi di maggio, un fruttivendolo che conoscevamo partì per Milano con il suo camion. Ci facemmo dare un passaggio, io, che volevo andare alla redazione di Italia Libera, ed Emo, diretto all’Unità. Sempre per raccogliere notizie, mantenere i collegamenti con le grandi città, per ottenere informazioni e poter scambiare opinioni con i colleghi giornalisti e con gli esponenti della politica.

L’Arena, alias Verona Libera, era un foglio piegato in due, un giornale di quattro facciate, in cui dovevano essere condensate molte notizie. Lo spazio era veramente poco ed era necessario concentrarvi sia le notizie veronesi che quelle nazionali, oltre ai comunicati del Comitato nazionale di Liberazione. Non era un’impresa semplice. Scrivevamo alternativamente. L’unico professionista era Piero Gonella, che era stato giornalista al Gazzettino. Noi eravamo più che altro dei rappresentanti politici».

19342643 quotidiano verona libera anno numero dell maggio 1945 0Nella primavera del 1946, deluso dalla decisione del giornale veronese di non prendere posizione sul referendum monarchia-repubblica, lascia il giornale.

Vive contemporaneamente la crisi del Partito d’Azione che prima si divide e poi si scioglierà. Sono i segni che inaugurano l’avvio di una nuova fase politica in Italia, in cui le ambizioni e gli ideali che avevano animato i partecipanti alla Resistenza cedono di fronte a una normalizzazione partitocratica che ha come conseguenza l’allontanamento di molti, fra cui Zorzi, dalla politica attiva:

«Ci fu una grossa disputa nel marzo del 1946, sul ruolo che il giornale avrebbe dovuto svolgere in vista del referendum di giugno, quello che doveva decidere se l’Italia dovesse mantenersi monarchia o diventare repubblica.

In quell’epoca nel Comitato nazionale di Liberazione c’era anche un rappresentante monarchico. Ricordo che per impulso di Mariano Rumor la Democrazia Cristiana si schierò per il fronte della repubblica. In effetti poi il Veneto scelse in questo senso anche se a Padova prevalsero i voti a favore della monarchia. Proprio per la presenza di queste diverse opinioni all’interno del Cln, ci venne dato l’ordine di non prendere posizione. Il giornale doveva restare fuori da questo fondamentale dibattito. Personalmente non ero affatto d’accordo. Mi sembrava che un giornale che presentava tutte le correnti politiche, dopo vent’anni di fascismo, dovesse essere una tribuna libera. Non fu possibile creare questo spazio di libertà. Così mi recai nel mio ufficio, scrissi un articolo per motivare il mio dissenso, presi le mie cose e me ne andai».

Il periodo successivo non è meno ricco di esperienze, anche se l’obiettivo principale del giovane ex direttore è quello di terminare gli studi. In questo frangente Renzo Zorzi continua a vivere a Verona, dividendosi tra Montorio, presso la madre ed un fratello, e il centro città, ospite di un cugino: quel Francesco Zorzi destinato a diventare una grande figura della cultura scientifica veronese che sarà poi anche direttore del Museo di Storia Naturale.

Se questo è un uomo 1947Nel febbraio 1947 si laurea brillantemente con una tesi in letteratura francese sul poemetto in prosa di Aloisius Bertrand, quindi, su indicazione del rettore dell’Università patavina, Egidio Meneghetti, viene indirizzato verso una casa di riposo per partigiani a Rocca di Papa, vicino a Roma:

«Vai lì due mesi, mi disse il rettore, rimettiti in sesto e poi torni da me. E partii».

Quel soggiorno segna l’iniziò della sua brillante carriera nel mondo dell’editoria e della promozione della cultura italiana nel mondo, diventando una delle figure di riferimento più prestigiose, in Italia e all’estero. Nella casa di Rocca di Papa, dove si alternavano personaggi della cultura nazionale, Zorzi entra in contatto con Franco Antonicelli, presidente del Cnl del Piemonte, giornalista e condirettore de La Stampa.

Su invito di quest’ultimo, nell’estate del 1947 si trasferisce a Torino per lavorare nella casa editrice De Silva fondata dallo stesso Antonicelli:

«A Torino l’editore mi fece trovare una camera. Quando arrivai mi diede un dattiloscritto. Se vuoi leggere qualcosa, mi disse, tanto per cominciare. Lessi tutta la notte. Era un’opera di Primo Levi. Mi commosse e mi entusiasmò. Sapete cos’era? L’originale di Se questo è un uomo. Fummo proprio io e Antonicelli a trovare il titolo, ispirandoci ad una poesia dello stesso Levi, dove un passo recitava appunto Considerate se questo è un uomo. Togliemmo la parola considerate e restò il titolo del libro. E Levi fu d’accordo con noi».

Poco tempo dopo un altro evento pone le premesse per una svolta della sua attività.

Egli partecipa a un incontro con Gaetano Salvemini, organizzato nel biellese da Alessandro Galante Garrone e Franco Antonicelli. A quell’incontro è presente anche Adriano Olivetti che si intrattiene a lungo con Zorzi cogliendone ed apprezzandone fin da subito le grandi doti intellettuali.

Alla fine del 1949 la casa editrice De Silva viene ceduta alla Nuova Italia di Firenze; Zorzi vi rimane per circa un anno, quindi, accogliendo l’invito di Adriano Olivetti, verso la metà del 1952 si trasferisce a Milano per curare la rivista Comunità.

comunita31Nel 1956 diviene responsabile delle Edizioni di Comunità, la casa editrice fondata dallo stesso Olivetti e, dopo la morte improvvisa e prematura del grande industriale di Ivrea avvenuta nel 1960, Zorzi assume la direzione della rivista e dell’omonima casa editrice, incarico che manterrà fino agli anni ’80.

Nel 1962 pubblica il suo primo libro dal titolo Cinquecento quintali di sale (Ed. Feltrinelli, 1962) nel quale racconta con forza e sentimento cos’è la guerra nella sua veste di tragedia esistenziale che strappa le certezze e trasmette inquietudine ed ansia.

Adriano Olivetti in più di un’occasione aveva proposto a Zorzi di entrare in Olivetti, ma questi aveva sempre rifiutato considerando più gratificante l’attività editoriale.

Nel 1965, in seguito all’improvvisa morte di Riccardo Musatti, responsabile della pubblicità e stampa della grande azienda di Ivrea, Bruno Visentini e Aurelio Peccei gli chiedono di prenderne il posto e di coordinare anche il design industriale: egli accetta con la condizione di mantenere comunque le redini delle Edizioni di Comunità.

Zorzi diviene quindi il promotore dello stile e dell’immagine di Olivetti: indica le grandi linee a cui devono ispirarsi la comunicazione grafica ed editoriale, il disegno dei prodotti, le architetture dei nuovi stabilimenti, le iniziative culturali e i rapporti con la stampa, al fine di rendere l’immagine aziendale coerente in tutti suoi aspetti e venga quindi percepita in modo unitario.

Per la realizzazione di questo disegno Zorzi si avvale della collaborazione di prestigiosi designer, architetti, grafici, fotografi e copywriter con il risultato di rafforzare nel mondo l’immagine di un’impresa colta e raffinata, pronta peraltro ad affrontare le nuove sfide di quegli anni: le grandi trasformazioni della società civile, dei mercati e della tecnologia che con la transizione dalla meccanica all’elettronica pone nuove condizioni al design industriale e a tutte le forme della comunicazione aziendale.

Le campagne pubblicitarie di quegli anni, influenzate dal pensiero zorziano, spesso uniscono messaggi di innovazione tecnologica a immagini di arte rinascimentale, e sembrano dire che l’eccellenza del prodotto è garantita dal connubio tra la moderna tecnologia e la secolare cultura umanistica.

Olivetti EvolutionTra il 1970 e il 1977 l’Olivetti avvia una grande operazione di ‘corporate identity’ orchestrata da Zorzi, volta a personalizzare, regolamentare e standardizzare l’uso del logo Olivetti: viene dapprima ridisegnato il logotipo aziendale e quindi vengono fissate le norme dettagliate per l’uso di tutti i sistemi di identificazione aziendale, dalla corrispondenza ai mezzi di trasporto, dagli imballaggi alle insegne, ecc.

Nel campo dell’architettura Zorzi affida ad architetti di indiscusso valore le commesse per la costruzione di nuovi impianti Olivetti nel mondo. Per lo stabilimento di Harrisburg (Pennsylvania) sceglie Louis Kahn, per gli uffici di Francoforte chiama Egon Eiermann, per Yokohama ingaggia Kenzo Tange, il centro di formazione di Haslemere lo affida a James Stirling, ecc. La regola in questo, come in altri campi, è quella dell’eccellenza: architetti di grande fama per strutture architettoniche destinate a rimanere nella storia dell’architettura industriale.

In campo editoriale Zorzi impreziosisce la pubblicazione dei calendari artistici, avvia la pubblicazione delle famose agende Olivetti (1969) e dei libri strenna (1972) illustrati da opere commissionate a giovani artisti e talvolta accompagnati da una presentazione critico-letteraria dello stesso Zorzi.

A queste pubblicazioni, destinate a clienti e partner dell’azienda, egli affianca la pubblicazione di preziosi libri d’arte e cataloghi delle numerose mostre e restauri promossi dalla Olivetti; anche in questo caso i suoi testi introduttivi sono un elemento qualificante.

Formes et recherche lo stile Olivetti Paris 1969 70Tra il 1969 e il 1984 organizza grandi mostre itineranti, come Formes et Recherche e Design Process, portate in diverse sedi europee ed extraeuropee e concepite per comunicare al mondo uno stile aziendale fatto di bellezza, tecnologia, funzionalità e socialità. E fu proprio nelle mostre che Zorzi diede le migliori prove di gusto, coraggio e senso dell’innovazione.

Le sue mostre Olivetti le pensa, organizza in ogni parte ed aspetto, comunica e porta nel mondo; essa ed essa solo. Il che vuol dire: Renzo Zorzi e i suoi diretti collaboratori.

Comincia con la mostra degli affreschi staccati dalle chiese di Firenze dopo l’alluvione del 1966:

“La prima grande mostra fu quella degli affreschi di Firenze staccati dalle chiese dopo l’alluvione del 1966 e la organizzai nel 1968. L’iniziativa prese le mosse da Gianluigi Gabetti, allora direttore della Olivetti americana. A lui si era rivolto Owen, direttore del Metropolitan Museum, certo anche per la fama di cui la Olivetti godeva negli Stati Uniti. Per la mostra andai da Visentini che mi disse ‘Va bene’. Così l’abbiamo fatta”

Prosegue con la dimostrazione di come un personal computer Olivetti avvantaggi i professori di Architettura di Firenze a comprendere finalmente i calcoli del Brunelleschi per la cupola di S. Maria del Fiore in Firenze. A metà degli anni Settanta è da considerarsi un contributo di portata eccezionale.

Seguono i restauri della Cappella Brancacci a Firenze (Masaccio, Masolino e Filippino Lippi), dell’Ultima Cena di Leonardo a Milano, di Spanzotti a Ivrea, altre ancora.

Le mostre dei Cavalli di San Marco e del Tesoro, dei Vetri dei Cesari, dei cartoni di Mantegna a Londra, dissepolti dopo secoli, sono successi mondiali. La mostra dei Cavalli di San Marco si prolunga sino a Londra, New York, Città del Messico, Parigi, infine Milano. Piacciono l’originalità, la maestria e l’impeccabilità dell’allestimento.

mostra3Allo stesso tempo Zorzi promuove importanti interventi di restauro di opere d’arte, non limitandosi alla mera sponsorizzazione finanziaria, ma mettendo in campo anche le competenze tecnologiche e organizzative dell’Olivetti e quelle artistiche sue personali.

Dopo il restauro del Crocifisso di Cimabue, danneggiato dall’alluvione di Firenze, su iniziativa di Zorzi l’Olivetti interviene per il restauro dei Cavalli di San Marco, la Camera degli Sposi di Mantegna a Mantova, la Cappella Brancacci di Masaccio, Masolino e Filippino Lippi a Firenze, l’Ultima Cena di Leonardo a Milano, per citare solo i restauri più importanti.

Negli anni trascorsi in Olivetti, Zorzi tesse una fitta rete di relazioni culturali, tiene conferenze e lezioni, preferibilmente su temi di arte, architettura e letteratura. E’ di casa al MoMA di New York, come alla National Gallery di Londra o al Rijksmuseum di Amsterdam e del suo prestigio beneficia indirettamente anche l’immagine dell’azienda.

Alla fine del 1986 Renzo Zorzi esce da Olivetti dopo oltre un ventennio di carriera condotta con passo costante e deciso, arrivando ad avere sotto di sé sino a 130 persone (la maggior parte di studi, di grado e di rango) e con il grande merito di aver plasmato lo “stile Olivetti” nel Mondo.

Ma non è un addio definitivo: egli resterà legato all’azienda di Ivrea da un contratto di consulenza per tutte le attività relative all’immagine e alle relazioni culturali.

Nel 1988 arriva un prestigioso incarico: è nominato segretario generale della Fondazione Cini di Venezia, carica che mantiene fino al 2002; nello stesso tempo riprende la sua attività di scrittore, saggista e collaboratore de Il Sole 24 Ore.

Durante lo stesso anno pubblica il volume L’estate del ’42 (Ed. Rusconi, 1988), ovvero una ripubblicazione di “Cinquecento quintali di sale” con un altro racconto, con il quale nel 1989 si aggiudica il Premio letterario Piero Chiara e il Premio Comisso per la narrativa.

metropolitan 1980Nel 1990 viene eletto presidente del Centro Internazionale di Arte e Cultura di Palazzo Te a Mantova, dove, tra il 1990 e il 2002, organizza oltre venti grandi mostre d’arte antica e contemporanea.

Nello stesso periodo è nominato consigliere della Fondazione Cariverona (1991), dove resterà in carica fino al Gennaio 2004, e membro della Giuria del Premio Masi.

La sua vena di scrittore è ancora quanto mai prolifica ed in breve tempo procede alla pubblicazione di altri due saggi:

Nella trama della storia (Marsilio, 1990)

Gli anni dell’amicizia (Neri Pozza, 1991)

Nel 1992 gli viene conferito il Premio triennale che la Società Letteraria assegna a quel personaggio che “risulti impegnato costantemente in attività culturali che presentino risonanza sociale, e abbia dimostrato chiare capacità anche con opere e pubblicazioni di riconosciuto valore”.

Così la motivazione: per la coerenza di vita e di pensiero e per l’impegno culturale, allargato anche al di fuori dell’ambito cittadino.

Nel 1993 riceve il Premio alla Cultura della presidenza del Consiglio dei ministri.

Nel 1996 pubblica quello che sarà il suo ultimo saggio: Cesare Beccaria, il dramma della giustizia (Mondadori, 1996).

Il 31 marzo 1998, il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, gli consegna la medaglia d’oro e il diploma di prima classe per particolari meriti nella cultura e nell’arte, accogliendo così la proposta del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali.

Dopo una vita passata a studiare e a lavorare intensamente, nella quale si sono successe a ritmo incalzante sempre nuove iniziative, progetti, pubblicazioni, viaggi, dibattiti e incontri, ma anche battaglie condotte a difesa dell’arte e della cultura, il 30 Gennaio 2010 Renzo Zorzi si spegne ad Albisano di Torri del Benaco, lasciando la moglie Giovanna e la figlia Angelina, ma anche un enorme vuoto nell’élite culturale ed intellettuale del nostro Paese.

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Dopo la morte, la sua figura è stata rievocata dalle parole di due amici, Giambattista Ruffo e Dario Basevi, che hanno evidenziato prima di tutto l’onestà, il rigore, la ricchezza umana, la straordinaria capacità di intuizione e la forza di condivisione e partecipazione proprie di Zorzi uomo e intellettuale:

«Un grande personaggio del mondo della cultura, […] fu davvero un intellettuale di esemplare rigore morale, ma più ancora una delle ultime persone che hanno rappresentato, nella ricostruzione postbellica, l’anima morale del nostro paese. La sua vita è per noi un monito: Zorzi ci consegna il dovere a proseguire nel solco tracciato da lui, nel segno dell’onestà intellettuale».

Gabriele Alloro

 

Si ringrazia pubblicamente www.storiaolivetti.it – Associazione Archivio Storico Olivetti, Ivrea – Italy per la concessione dell’uso delle immagini che compaiono nel seguente ordine all’interno della pagina: prima, quinta, settima, ottava, nona e decima (vedansi descrizioni che compaiono al passaggio del mouse).

Ulteriori immagini, oltre alle locandine delle numerose mostre organizzate e sponsorizzate da Olivetti sotto la regia di Renzo Zorzi, sono visionabili nella galleria fotografica relativa a Renzo Zorzi presente sul sito www.storiaolivetti.it – Associazione Archivio Storico Olivetti, Ivrea – Italy.

 

 

FONTI BIBLIOGRAFICHE

https://it.wikipedia.org

http://www.storiaolivetti.it

http://www.cini.it

http://www.emiliorenzi.it

http://www.educational.rai.it

http://storiamestre.it

 

Giornali

 

L’Arena:

19/07/1938 – Cronache teatrali

30/09/1988 – Il veronese Renzo Zorzi alla Fondazione “Giorgio Cini”

07/07/2003 – Direttore di guerra

31/01/2004 – Si rinnova la Fondazione Cariverona

01/02/2010 – Scomparso Renzo Zorzi l’inventore di Primo Levi

10/02/2010 – Renzo Zorzi, il dovere della memoria

 

Corriere della Sera

03/02/2010 – Renzo Zorzi, il manager diventato intellettuale

 

 

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