Gli fioratori. Il recupero della capacità di invaso di fossi e scoline private nelle campagne con la creazione di micro invasi
Laminazione diffusa per risolvere il problema delle esondazioni. Una soluzione sperimentale che tra origine da una metodologia molto comune nei secoli scorsi. Gli argini del torrente Squaranto sono costellati da tante fessurazioni, comunemente dette "sfioratori", le cui origini sono poco note, che avevano il compito di scaricare lungo il percorso la potenza dirompente delle ondate di piena. Peccato che tutte queste aperture siano rigorosamente chiuse. Di seguito dopo L'articolo de L'Arena di Verona le immagini degli sfioratori chiusi del torrente Squaranto.
L'Arena 08/02/2014
La difesa del territorio passa dall'agricoltura
Il progetto di «laminazione diffusa» che potrebbe far fronte ai danni degli allagamenti che in questi giorni interessano non solo le campagne ma anche i centri abitati
Difesa idrogeologica, la soluzione sta nella «laminazione diffusa» in campagna: creando una rete di microlaghetti aziendali, a partire dall'aumento delle sezioni di deflusso di scoli e fossi, si trattengono migliaia e migliaia di metri cubi d'acqua che così non allagano le città. Progetto fattibilissimo che potrebbe trovare nei fondi del nuovo Piano di sviluppo rurale l'incentivo più efficace per realizzarlo già a partire dal maggio 2015.
Dottori agronomi e forestali e mondo della bonifica hanno unito competenze e conoscenze per questo progetto pilota presentato ieri nel contesto di Fieragricola e pronto a misurarsi sul campo e al confronto con gli esponenti del mondo agricolo per avere il loro parere su questo progetto.
«Si comincia recuperando la capacità di invaso di fossi e scoline private nelle campagne partendo dalla pulizia degli stessi per poi ampliarne la capacità e si prosegue con la creazione di micro invasi da mettere in rete. In questo modo», spiega Andrea Crestani, direttore dell'Unione veneta bonifiche, «siamo in grado di trattenere l'acqua d'inverno e avere la risorsa d'estate».
LA DORSALE IRRIGUA. È un po' la logica della «dorsale irrigua», progetto ciclopico che doveva servire l'area tra Montorio e l'Est veronese, ma che è stato fermato dalla mancanza di risorse. Solo che questa soluzione è ad impatto zero e pare fornire solo vantaggi. «Si cambia la logica», dice Andrea Sisti, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei dottori agronomi e forestali, «perché la manutenzione diventa primo anello della catena della prevenzione. Si ferma l'acqua prima che faccia collassare il sistema, la si conserva per l'estate e si fa anche pratica ambientale».
Parola magica, quest'ultima, perché proprio a questa voce sarà destinato il 30% del nuovo Psr, il Piano di sviluppo rutale della Regione Veneto. E dunque, rispetto alla fattibilità economica, il primo mattoncino c'è. I costi? Ampliare le sezioni di deflusso su un'area di mille ettari potrebbe permettere di invasare 200.000 metri cubi d'acqua qualche centinaio di euro di spesa per ettaro. Ricavare un laghetto da 100.000 metri cubi d'acqua potrebbe costare tra i 250 mila ed i 300 mila euro. «Dobbiamo lavorare per far diventare il rischio idrogeologico una misura del Psr, ma ricordiamo», ha aggiunto Crestani, «che ci sono anche fondi di sviluppo regionale che hanno nella mitigazione del rischio il proprio asse portante».
VERSO UN'AREA TEST. Insomma, se la risorsa idrica è il tema forte della programmazione europea, il banco di prova è bello e fatto. «Partendo dai Pat e dai Pati, dalle evidenze rispetto alle situazioni di rischio, dal tipo di coltivazioni esistenti e dall'impatto sul territorio, procederemo ad individuare un'area test tra i 500 ed i 1000 ettari. Cercheremo l'accordo coi proprietari e predisporremo il progetto pilota», annuncia Crestani.
Si potrebbe obiettare che la misura 121 del vecchio Psr già incentivava investimenti per l'incremento dell'invaso aziendale: «Vero, ma l'applicazione è stata in realtà estremamente ridotta per via della parcellizzazione degli interventi. Ecco perché il punto strategico sta nel mettere in rete le aziende», osserva Giancarlo Quaglia del Centro studi dell'Ordine.
Il tessuto connettivo in pratica c'è già, ed è quello della rete idrografica minore di competenza dei Consorzi di bonifica, enti che di questo progetto si candidano a fare da coordinatori e manutentori.
FILIERA SULL'ACQUA. E in questo «piano integrato di filiera sull'acqua», che avrebbe nella cooperazione il proprio punto di forza, l'anello successivo sarebbe il Genio civile. Guardando al mondo agricolo, laddove incidenza dei costi e marginalità azzerate agevolano l'abbandono di fossi e scoline, l'incentivo economico potrebbe far la differenza.
A monte, però,e questo lo hanno ribadito tutti, serve un cambio di mentalità, un nuovo modello di sviluppo che contempli la gestione delle acque nei territori secondo una logica di sistema. E in questa logica, i "laghetti" di campagna, dove fare pure fitodepurazione, farebbero da apripista al recupero dell'invarianza idraulica (restituire aree di invaso alle acque) delle aree già edificate.
Paola Dalli Cani
Gli sfioratori dello Squaranto
Le foto degli sfioratori – Link
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