Montorio e il vino nel ‘500 1


Botti all'interno di una cantinaUn’Azienda vinicola a Montorio nel Cinquecento.
Articolo di Luigi Alloro

Capita talvolta, esaminando le vecchie carte dell’Archivio di Stato di Verona, di imbattersi in qualcosa di particolarmente interessante, ad esempio: che un tal Lattanzio de Mori detto Fiorentino della contrada cittadina della Pigna, verso la fine del ‘500 possedesse e gestisse una vera e propria “azienda vinicola” a Montorio. Approfondendo la ricerca il personaggio assume via via contorni sempre più nitidi e degni d’interesse.

Lattanzio a metà del secolo XVI è un affermato mercante di stoffe che ha la sua bottega con magazzino a Verona, vicino alla Chiesa di S. Tommaso, e che gestisce assieme a due soci. Come tutta la borghesia mercantile dell’epoca, egli investe i proventi della sua attività in case e soprattutto in terreni agricoli concentrando la sua attenzione sulla zona di Montorio e colline circostanti. La sua intraprendenza però, va oltre la consuetudine dell’investimento terriero come bene-rifugio. La zona è ottima, viti e olivi danno un prodotto eccellente ed il suo senso degli affari, mescolato forse ad un desiderio di evasione dalla vita cittadina, lo porla a tuffarsi nell’imprenditoria agricola lasciando la gestione del negozio ai soci, pur rimanendo nella società.

Egli acquista una casa con colombara ad Olivè‚ ed in breve la trasforma in corte agricola con palazzo padronale, case per i lavorenti, aia, fienile, stalle e cantine. E’ l’attuale Villa Wallner. Col passare degli anni ingrandisce le sue proprietà terriere sempre più verso le colline: Trezzolano, Morago, Cancello, Castagnè, aree dove vite ed olivo regnano sovrani, sono le sue località preferite. La sua azienda produce e vende grosse quantità di vino. Egli rifornisce non solo le bettole della città ma anche le mense delle famiglie abbienti. Buona è anche la produzione e la vendita di olio di oliva e di aceto.

Nel Dicembre 1585, sentendosi ormai il peso degli anni. redige un dettagliatissimo inventario di quanto si trova nella sua Villa-fattoria di Olivè da lasciare agli eredi: muore infatti un anno e mezzo dopo.

Limitando l’analisi alle sole cantine ed annessi si nota come nella “caneva grande” vi siano:

– 29 botti di castagno da 15 brenti l’una (brento = litri 68,68) piene di “vini negri da bettola”

– 3 “vezotti” di castagno da 9 brenti l’uno: due pieni di aceto e uno di vino bianco

– 2 “vezotti” di castagno da 8 brenti pieni di vino bianco dolce

– 9 “vezotti” da 7 brenti pieni di vino bianco moscato

– 2 “vezotti” da 3 brenti pieni di fior di moscatello

– 6 “vezotti” da 7 brenti pieni dei quali 2 sono pieni di vino “negro dolce” e 4 di vino bollito con acqua

– 3 “vezotti” da 3 brenti pieni di “vino bianco garganego dolce “

– 6 “vezotti” da 6 brenti pieni di “buon negro, parte marzebino”

– 1 piccolo “vezolino” da 2 secchie (secchia = litri 17,17) di vino medicinale molto amaro fatto macerandovi dentro il “medicho magistro”, ossia l’assenzio (artemisia absentium) ancor aggi nella campagne detto “menego maistro”, che egli riserva al cavaliere suo genero, il quale deve avere problemi di salute.

– 4 “centenari”, cioè recipienti di pietra, dove sono conservati più di mille litri di olio di oliva

Negli inabili annessi, inoltre si trovano: botti vuote, vezzoti e vezolini e secchie di legno, “lore ” da travasare, brenti, brentolini, 1 baga nuova (recipiente di pelle) per trasportare l’olio, 2 carri-botte per “condur vini a Verona”, 1 botte da carro per l’aceto, alcune “tine” per la fermentazione dell’uva, il torcolo “da tortolar le uve a bronzo” e molti altri attrezzi agricoli. Nel granaio, infine, vi sono 8 grandi graticci per l’essicazione dell’uva da recioto e che, una volta liberi, servono come lettiere per i bacchi da seta.

L’inventario si chiude con queste parole:

“Io Lattantio Fiorentino afirmo che di mia propria man e con li mieij ochi ò visto diligientemente di queste cose et [una] per una come è descritto in questo inventario adi 15 Dicenbre 1585 et in fede di la verità ò sotoscritto di mia man”

Come si può notare, quella di Lattanzio Fiorentino non è, come la grande maggioranza delle corti agricole, una passione ad economia chiusa e funzionale al solo padrone, ma una vera e propria azienda che produce per vendere.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Un commento su “Montorio e il vino nel ‘500