Il primo fast-food: hamburger e patatine fritte !
A Montorio, all’inizio dell’attuale via dei Platani (ex via Madonnina ), un enorme cancello metallico nero e delle alte mura di cinta, proteggevano l’intimità e l’accesso alla villa ed alle terre dei Wallner ,ricca famiglia aristocratica di Verona .
Questi ottimi vantaggi, che la villa Wallner era in grado di offrire, avranno sicuramente inciso sulla decisione di scegliere il sito come sede del quartiere generale del comando tedesco, della regione di Verona.
Salvo errori, dal ‘43 fino al termine della guerra, nel ‘45, la villa Wallner fu dunque occupata da un comando tedesco, mentre su una buona parte delle terre coltivate nell’intorno, furono costruite delle «baracche» di legno ,capaci di alloggiare un buon numero di soldati tedeschi.
Al termine della guerra, un numero equivalente di militari alleati ,le occuparono a loro volta.
Una cinquantina di metri al nord-est della villa, esisteva una casa destinata ai mezzadri della famiglia Wallner, nella quale abitavano mia nonna materna, due dei suoi figli e la moglie del più anziano.
A me e alla mia famiglia fu dato il permesso sia dai tedeschi, che successivamente dagli alleati, d’accesso alla villa Walner e di visita alla nonna.
Di tutti i miei amici, ero il solo a possedere questo … privilegio!
A parte il fatto di aver potuto assistere alla laboriosa installazione della grossa sirena d’allarme, battezzata in seguito dai montoriesi, la “bocalona “, a causa del boato particolare che la distingueva dalle altre, non ho ricordi interessanti dell’occupazione tedesca.
La fine della guerra, sollevò gli animi e diminuì lo stress e il pericolo di morte ma la vita di tutti i giorni rimaneva difficile e complicata. Infatti, mancavamo di tutto e, per sfamare una famiglia, erano indispensabili un lavoro, delle conoscenze o “relazioni “e anche un po’ di fortuna!
Spesso ci coricavamo la notte senza mangiare con lo stomaco vuoto e rumoreggiante con continui gorgogli e brontolamenti tali da impedirci di prendere sonno.
In quel periodo ero affascinato dalle abitudini e dal modo di vivere dei nostri ”liberatori venuti da un altro mondo”. Ciò suscitava in me un’enorme interesse e trascorrevo praticamente tutto il mio tempo libero a “spiarli”!
Un tardo pomeriggio, mentre effettuavo il mio giretto di ricognizione, ai limiti del boschetto che circondava la villa al confine con il vigneto detto “broll” ( terreno delimitato dalla villa Walner , via Olivé e l’attuale via dei Biancospini ), in prossimità delle baracche costruite dai tedeschi, un delizioso profumo di frittura e di carne arrosto, stimolò prima le mie narici, e poi anche la mia curiosità .
Immediatamente iniziai le ricerche per scoprirne la fonte .
Dal mio nascondiglio, un albero secolare magnifico, tra i numerosi che popolavano allora quel magnifico boschetto, potevo chiaramente osservare i gesti di un uomo impressionante, tanto per la sua corpulenza, quanto per la sua divisa che, lo distingueva nettamente da quella militare: un grembiule ed un cappello bianco. Gesticolava davanti ad una griglia fumante di enormi dimensioni, con in mano una gran forchetta, o qualcosa del genere. In prossimità della grande griglia, fumava inoltre un enorme pentolone.
L’occhio di lince del colosso, che si avverò poi essere il cuoco ufficiale del campo militare, individuò immediatamente la mia presenza. Invece di sgridarmi e mandarmi via, come avrebbe sicuramente fatto un soldato tedesco al suo posto, il cuoco mi fece cenno con un dito, di avvicinarmi.
Con un gesto rapido, strappò da un gran rotolo, un pezzo di carta oleata, sulla quale depose due enormi polpette di carne fumanti, provenienti dalla griglia ed una “manciatona di patatone” fritte, provenienti dal gran pentolone.
<<Go,go, go!>>, mi intimò subito dopo a bassa voce, sottolineando le sue parole con un rapido gesto della mano, che mi fece intuire che dovevo rapidamente e discretamente eclissarmi!
Cinque minuti dopo, ero a casa, impaziente di degustare il prezioso cibo con la famiglia.
L’appetito, amico mio fedelissimo in quel periodo sempre presente, avrà sicuramente contribuito ad accentuare il gusto di quella cenetta speciale, al punto da ricordarla ancora oggi, come la più gustosa ed appetitosa della mia infanzia.
Degustando pensavo: “ ma come i magna ben stí mericani ! Altro che la polenta, i pissacani, le sparazine o i useleti che podéimo magnàr, le rare olte che mí e mé fradèl, erimo stà boni da coparne uno o dû, cò la nostra sfiondra, fata coi àsteghi de camaradaria de bicicleta, un manego de frassino e la caramela fata cò la pele de scarpe vece!”
Solo parecchi anni dopo, mi resi infatti conto che, già nel lontano 1945 ed all’età di 9 anni, avevo mangiato per la prima volta ciò che, parecchi anni dopo, divenne il re del fast food: hamburger e patatine fritte !
Tiziano Marcolini
Note di possibile interesse.
Nel periodo ’44 – ‘45, la farina di frumento era diventata rarissima .
La famiglia dei Marini, che possedeva allora una bottega di generi alimentari ed un forno da pane in via Giuseppe Verdi, (oggi via delle Logge) ,attigua dell’allora osteria da Rossetti, aveva avuto l’idea di impastare il pane, con la farina di polenta più disponibile e meno cara.
Questo pane aveva un gusto particolare che a me piaceva molto ,ma era, sfortunatamente per molte persone , impossibile da digerire!
Oltre al suo gusto gradevole , un altro motivo mi incitava allora a preferire il pane di polenta. Correvano infatti delle voci che alla farina bianca venisse aggiunto, per far più volume, polvere di gesso !!!
Nessuno però, che io sappia, ha mai potuto dimostrarlo!