di Luigi Alloro
Articolo pubblicato 17 marzo 2011 – aggiornato il 19 marzo 2020
La chiesetta di San Giuseppe all’Olmo fu fatta edificare intorno al 1625 dal marchese Gaspare Gherardini come oratorio pubblico nelle terre di sua proprietà, che erano appartenute un tempo alla famiglia Oliveti. Per l’occasione il marchese commissionò al celebre pittore Alessandro Turchi detto l’Orbetto, suo amico, una pala d’altare raffigurante l’Adorazione dei Magi, dove la figura di San Giuseppe campeggia dietro a Maria e al Bambin Gesù. In un primo tempo si era ipotizzato che quest’opera fosse quella conservata a Villa Arvedi a Grezzana, ma appare più logico pensare che, viste le dimensioni della tela e quelle della chiesetta, si tratti di quella attualmente esistente nel museo di Castelvecchio in Verona (Scheda di lettura – diocesi di Verona – pdf).
Il tempio aveva, come d’uso, l’ingresso sulla pubblica via, cioè sulla Platea ad Ulmum ossia su quella che allora veniva chiamata la piazza dell’Olmo. Gli olmi infatti sono sempre stati il corollario di questa bella chiesetta.
Essa fu visitata per la prima volta il 16 settembre 1659 dall’allora vescovo di Verona Sebastiano Pisani I in visita pastorale alla parrocchia di Montorio e, dal verbale notarile giacente tuttora presso l’archivio della Curia Vescovile, fu trovata elegante e provvista di tutto l’occorrente per le celebrazioni.
Attorno al 1670 il marchese la affidò alla cura della Confraternita dei Disciplinati del Santissimo Sacramento di Montorio che fino ad allora aveva la sua sede nella chiesa di Sant’Anna, situata nell’attuale Via Guerrina e demolita nel 1922. Nel suo testamento il pio marchese dispose che toccasse ai suoi eredi la spesa per la manutenzione del sacro edificio e destinò una somma di 30 ducati annui da dare a un sacerdote perchè vi celebrasse la santa messa tutte le domeniche e le altre feste. Verso la fine del secolo XVIII la Confraternita si estinse, ma già da qualche decennio prima l’oratorio andava subendo danni per le piene del torrente Squaranto. Il suo alveo, infatti, che all’epoca della costruzione della chiesetta percorreva l’attuale Via Lanificio prima di finire in Fibbio, fu rettificato nel 1710 nell’attuale corso sicché essa divenne parte del muro d’argine e quindi esposta alle piene.
Nel 1801 l’edificio era così mal ridotto che i Gherardini chiesero alla Curia di poterlo trasformare in alloggio per i loro braccianti e di celebrare le messe nel loro oratorio privato di Montorio (attuale Villa Wallner). Forse a causa delle vicende politiche di quegli anni, del progetto non se ne fece nulla.
Alcuni anni dopo la famiglia Gherardini vendette tutte le sue proprietà di Montorio e l’oratorio passò in proprietà a Giovanni Battista Beretta che, nel 1817, attuò un radicale rifacimento dello stesso alzandolo di un piano e riducendolo nelle attuali forme. Egli sostituì la pala d’altare asportata dai vecchi proprietari con una nuova commissionata appositamente al pittore Saverio Dalla Rosa e decorò il tempietto anche con due belle statue in pietra raffiguranti Giovanni Battista e San Carlo Borromeo. Altri lavori furono eseguiti nei decenni successivi, ma dopo la metà del secolo, tramontate le fortune dei Beretta, la chiesetta venne trascurata al punto che il vescovo, card. Luigi di Canossa, nella sua visita fatta a Montorio nel 1881, la fece chiudere al culto dopo averla trovata in gran disordine. Gli abitanti dell’Olmo e delle altre contrade vicine non si rassegnarono di veder chiusa la loro piccola chiesa, divenuta ormai loro patrimonio spirituale, e sotto la guida dell’Arciprete don Francesco Grego organizzarono una colletta grazie alla quale si poterono eseguire i restauri ed acquistare nuovi arredi e paramenti. Così nel 1897 la chiesetta poté essere riaperta con cerimonia solenne e l’arciprete riuscì a negoziare un accordo con le proprietarie sorelle Beretta.
Durante la disastrosa rotta del torrente Squaranto del 1934 essa subì lievi danni, ma quando due anni dopo fu ricostruito il ponte dell’Olmo e venne abbassata la strada, la chiesetta assunse la scenografica veduta attuale. All’inizio degli anni ’50 i coniugi Cipriano–Beretta donarono l’oratorio all’arciprete don Leone Roina, il quale lo lasciò alla parrocchia. Nel 1958 lo stesso don Roina riuscì, tramite persona amica, ad acquistare per modico prezzo dal conte Carlo Albertini anche lo stabile annesso con l’intenzione di utilizzare l’intero complesso per le necessità pastorali. L’idea di don Roina non fece in tempo a concretizzarsi: nel 1961 egli fu trasferito ad altra parrocchia ed il nuovo parroco don Carlo Fiorini, sin dall’inizio del suo mandato, concentrò tutti i suoi sforzi nella costruzione della nuova chiesa parrocchiale.
Il piccolo oratorio rimase a disposizione dei fedeli fino alla fine degli anni ’60, grazie a due pie anziane che se ne presero cura, quindi venne chiuso ed in seguito adibito a sede di varie associazioni prima di essere totalmente abbandonato.
Nel 1999 venne restaurata la pala d’altare, recuperata quattro anni prima grazie all’intervento di alcuni volontari e collocata nella chiesa parrocchiale.
Nel marzo 2011, dopo oltre quarant’anni, a conclusione di un radicale intervento di restauro conservativo, l’oratorio è stato restituito alla popolazione montoriese.
Luigi Alloro, 2011
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