Il 2 giugno: tra storia e ricordi di chi c’era


A Mizzole ricordano quel giorno

Il 9 maggio 1946 il Re Vittorio Emanuele III, abdica a favore del figlio Umberto II, che già riveste il ruolo di luogotenente del Regno. Il 2 e 3 giugno dello stesso anno, gli italiani e per la prima volta le italiane, vengono convocati alle urne per scegliere tra Repubblica e Monarchia e per eleggere i deputati dell’Assemblea Costituente cui spetterà il compito di redigere la nuova carta costituzionale. L’Italia è appena uscita dalla guerra, con i nuovi confini ancora non definiti, le città ancora distrutte dai bombardamenti, tutto è molto complicato perfino trovate le matite copiative e il legno per le urne. Ma gli italiani si mettono in coda e il 90% degli aventi diritto (quasi 25 milioni) si appresta ad esercitare il proprio diritto di voto, dopo vent’anni che non affrontano scadenze elettorali
La scheda elettorale che i cittadini italiani si trovano davanti è molto semplice, con un titolo sintetico “Referendum sulla forma istituzionale dello Stato” e i due simboli sono chiari e inequivocabili: sulla sinistra quello della Repubblica e sulla destra quello della Monarchia.


Due giovani novantenni di Mizzole, ricordano quel giorno e ancora di più il periodo della guerra e dell’occupazione tedesca. Dicono che non conta sapere i loro nomi, perché quello che hanno vissuto è la storia di un po’ tutti i compaesani, come a dire “siamo qui per raccontare anche per chi non c’è più”.
Quel giorno nessuno dei due può ancora votare perché lui ha 19 anni e lei 16 e il diritto di voto si acquisisce a 21 anni. Ai tempi Mizzole è un paese popoloso, comune fino al 1933, conta tre negozi alimentari, un dottore di condotta, due ciabattini, due falegnami e alcune sarte. E’ collegato alla città con la corriera che parte da piazza delle poste e arriva portando anche la corrispondenza all’ufficio postale che si trova in fondo al paese. In famiglia non si parla di politica, ma fuori sì e non solo nelle piazze ma anche nelle chiese. Il ricordo più vivo sono i comizi elettorali, con le varie fazioni di destra e sinistra che si scontrano in dibattiti accesissimi. Il seggio viene istituito nell’edificio a tre piani dell’ex comune, (dove si trovava al piano terra l’ambulatorio e l’anagrafe, al secondo e terzo piano comune e scuola). Tutta la famiglia va a votare, il padre, i fratelli ma anche per la prima volta la mamma e le sorelle, fino a quel tempo escluse da tutto: si vota Repubblica. Scelta per nulla scontata per una popolazione che conosce da poco l’Unità e come unica forma di governo la Monarchia. Quasi tutto il paese va alle urne, solo pochi si astengono.

Il 5 giugno, giorno di proclamazione della Repubblica, non ci sono grandi festeggiamenti, tutto viene preso con la consueta sobrietà di chi è abituato a rimboccarsi le maniche ed andare a lavorare. Lei diventa maestra, insegna prima alle Campostrini a Montorio e dopo aver vinto il concorso diventa una “maestra di montagna”. Dagli anni 50 infatti è la scuola che va dagli alunni e in molte frazioni il comune prende in affitto un paio di locali di case private dove fare scuole, assicurando così un’istruzione a tutti i bambini che vivono in località isolate ma popolose come Corlaiti, San Rocco, Trezzolano. Lei come molte maestre del tempo, prende la corriera, arriva a Roverè e raggiunge le piccole frazioni a piedi, dove rimane per tutta la settimana ospitata dalle famiglie del luogo; si fa scuola in una cucina o in una camera, ma la passione e la costanza vincono su tutto. Una vita passata sempre insieme dal 1957, fatta di tanti sacrifici affrontati con tanta passione; una vita davvero piena di tanti ricordi alcuni dei quali appartengono alla storia di tutti.

Marta Morbioli

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