Giochi pericolosi – Estate 1945. Di Tino Marcolini – Prima parte


Gli alleati a villa Wallner

di Tino Marcolini

La guerra era terminata da qualche mese e tutti si auguravano di poter riprendere il più rapidamente possibile, una vita normale, malgrado le presenza delle truppe vittoriose.
Avendo ottenuto il permesso di entrare nella proprietà della villa Wallner (requisita come sede del comando dei soldati alleati), per far visita alla nonna ed i due zii, mezzadri dei Wallner, che abitavano in una casa vicina alla villa, avevo spesso l’occasione di incontrare soldati alleati, soprattutto quando, per curiosità, mi aggiravo nei pressi delle baracche, trasformate, dopo la sconfitta ed il ritiro dei soldati tedeschi, in accampamento militare.

Con il passar del tempo, la mia diffidenza e timidezza nei confronti dei soldati alleati, si trasformarono rapidamente in una gradevole famigliarità e ciò malgrado la barriera della lingua.

Mi avevano battezzato “little boy”, incapaci come erano di pronunciare correttamente il mio nome, Tiziano!

Essendo stato vietato ai soldati di offrire o scambiare prodotti con i civili, con cautela e solo dopo essersi assicurati di non esser sorpresi da un superiore, con un rapido gesto della mano, mi mettevano sotto il braccio dei regaletti: una stecca di cioccolata, cartoni di sigarette destinate al papà, (che non fumava), saponette, dentifrici, chewing-gum, fette di pane, dal sapore molto diverso dal nostro.

Rapidamente, facevo sparire il tutto dentro la camicia e, correndo allegramente, rientravo a casa, in pochi minuti.

Quando passavo tra le baracche, tanti soldati si affacciavano alla finestra per salutarmi, farmi le boccacce, o cantare canzoni in inglese, gesticolando all’italiana.

Mi sembrava di contribuire a renderli più allegri, o perlomeno meno tristi.

Ho avuto l’impressione che mi avessero adottato come “mascotte“!

A ben pensarci, molti di loro dovettero abbandonare moglie e figli a causa della guerra e la mia presenza, un ragazzino allora di un po’ più di otto anni, faceva pensare ai loro figli!

Mi piaceva osservare i soldati dell’accampamento, eseguire ogni mattina, con un impeccabile sincronismo, gli esercizi fisici diretti dal loro comandante, nel piazzale attiguo alle baracche.

Le loro armi, erano tutte disposte al centro del piazzale in modo da renderle rapidamente accessibili, in caso di allarme.

Le loro munizioni, invece, erano nascoste in una vecchia grotta, semi sotterranea, situata ad una trentina di metri dalla cantina della Villa e perfettamente dissimulata da edera, arbusti e rami d’alberi.

All’interno della grotta scaturiva un ruscello d’acqua molto fredda e potabile, nella quale mio zio, durante l’estate, metteva in fresca bottiglie di vino bianco ed angurie.

Quattro o cinque famiglie di sfollati, avevano trovato in quel tempo, alloggio nella villa, una delle quali aveva un figlio, un po’ più grande di me con il quale divenni rapidamente amico.

Più scaltro e più disinvolto di me, non ebbe difficoltà ad impormi la sua autorità ed io mi prestavo volentieri ai giochi che lui proponeva ed eseguivo, senza contraddire, i suoi ordini.

Come me, anche lui aveva notato il deposito di munizioni nascosto nella grotta.

Per assicurare la protezione delle munizioni, alcuni soldati armati montavano, ciascuno a loro turno, la guardia 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana.

Con il fucile sulla spalla ed a passo di marcia lento, ma ben marcato, il soldato di guardia faceva senza pausa, il giro completo della grotta.

Con il mio nuovo amico avevamo deciso di provare a entrare nella grotta per recuperare un po’ di munizioni.

Al centro della foto nel giardino oltre la scalinata, l’ingresso della grotta seminascosto dalla vegetazione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.