Le leggende del Castello di Montorio
a cura di Luigi e Gabriele Alloro
Articolo pubblicato 21 ottobre 2010 – Aggiornato il 26 ottobre 2022
Alcune settimane fa siamo stati contattati dall’ufficio stampa del Consorzio Veronatuttintorno che ci ha richiesto assistenza ed informazioni circa le leggende legate al Castello di Montorio. Ci è stato comunicato che il dott. Riccardo Baudinelli di La Spezia sta raccogliendo in una guida dal titolo “Castelli del mistero” le leggende più significative ambientate nei castelli italiani ed è interessato alla storia e alle leggende del nostro antico maniero.
Abbiamo accolto con entusiasmo questa richiesta dato che il nostro castello andrebbe di fatto conosciuto a livello nazionale. Il volume sarà infatti distribuito dalla casa editrice Mattioli 1885 e farà parte della collana di guide storico-turistiche “Viaggi nella storia”; la sua uscita è prevista per il prossimo mese di novembre e sarà disponibile nelle migliori librerie italiane.
Il risultato della nostra ricerca, effettuata leggendo testi specifici riguardanti la storia locale, è di seguito sintetizzato; le leggende che circolano sul nostro castello sono ben quattro:
La Galleria
Senza alcun dubbio possiamo affermare che la leggenda più nota, tramandata anche oralmente, è quella che vorrebbe che nel castello vi sia l’accesso ad una galleria sotterranea che, passando sotto il fiume Adige e parte dell’abitato della città, collegherebbe il castello stesso all’Arena di Verona. Qualcuno racconta che questa galleria fu fatta costruire in epoca remota come via di fuga verso la città in caso di assedio del castello da parte del nemico. * * * La tradizione popolare vuole che in ogni leggenda ci sia un fondo di verità; a valle del castello un condotto esisteva davvero: si tratta dell’antico acquedotto di origine romana che, partendo dall’attuale laghetto Squarà a Montorio, giungeva fino alla città di Verona. Recentemente, grazie ad alcuni lavori di scavo, sono venuti alla luce alcuni tratti di questo acquedotto costituito da una galleria a forma di U rovesciata avente una larghezza interna di circa m. 0,70 ed un’altezza di m. 1,70. Vogliamo quindi pensare che colui il quale, con un po’ di fantasia, ha diffuso la leggenda si sia casualmente imbattuto in questo condotto immaginando che partisse effettivamente dal castello.
Il fantasma del castaldo
Un’altra leggenda poco conosciuta narra che in un tempo remoto l’allora Castellano avesse messo ai ferri un castaldo allo scopo di carpire le grazie della sua bella. Tempo dopo però il castaldo ritornò nel castello nelle forme di un fantasma vendicativo e durante un banchetto rapì la moglie del Castellano portandogliela via per sempre.
Florio e Biancofiore Un’antica e quasi dimenticata tradizione veronese vuole che i corpi di Florio e Biancofiore, protagonisti del Filocolo, romanzo scritto tra il 1336 e il 1339 dal grande letterato Giovanni Boccaccio, siano seppelliti nel castello di Montorio: in un’arca nascosta sotto l’antico maniero sarebbero infatti contenute le ossa dei due celebri personaggi. La conferma di questa leggenda si trova nei seguenti versi scritti da Domenico Bordigallo, letterato cremonese vissuto a cavallo tra il XV e il XVI secolo:
Cinta da ogni parte da monti si eleva la rocca di Montorio e la sua valle amena verdeggia di frutti. Florio arse d’amore per Biancofiore: essi giacciono lì e in un’arca si trovano le ossa di questi due illustri personaggi.
Il Libro del comando
Un’altra leggenda sul castello di Montorio, riscontrata recentemente solo su alcuni siti internet ma non citata da alcuno dei “sacri” testi da noi consultati, narra che nel Castello di Montorio è nascosto uno degli ultimi esemplari del “libro del comando”: un testo di magia che per mezzo di formule magiche esaudirebbe qualunque richiesta espressa dalla persona che ne entra in possesso. La leggenda nella leggenda vuole che questo libro fosse anticamente molto diffuso sui colli veronesi e che i religiosi abitanti in queste terre si riunissero una volta all’anno per bruciare questi testi ritenuti eretici ed opera del maligno: una volta gettati nel fuoco infatti i libri “impazzivano” muovendosi e saltando come esseri umani.