Emergenza idrica. Ecco il Piano Laghetti: 10 mila invasi entro il 2030
223 progetti già cantierabili. Di questi 32 in Veneto.
Sono 223 i progetti definitivi ed esecutivi, approntati da ANBI e Coldiretti nell’ambito del Piano Laghetti, che punta a realizzare 10 mila invasi medio-piccoli entro il 2030, in zone collinari e di pianura.
“In assenza di infrastrutture calmieratrici, come i serbatoi previsti dal Piano Laghetti ed i bacini di espansione indicati nel Piano Invasi, siamo destinati a ricorrenti emergenze idriche per troppa od insufficiente acqua”: a sottolineare l’evidenza di un preoccupante futuro per un Paese in grave ritardo rispetto alla crisi climatica, è Francesco Vincenzi, Presidente ANBI.
La situazione idrologica nel nord Italia vede i grandi laghi ancora in forte deficit: il Maggiore è circa 70 centimetri sotto il livello medio del periodo. La situazione più preoccupante è quella del lago di Garda che che con un riempimento pari al 28,6% è largamente sotto media, puntando verso il minimo storico.
A sommarsi a questa grande crisi c’è la mancanza quasi totale di piogge ottobrine sul Veneto: -86% con aree, che superano -90% fino a toccare -96% nel bacino Fissero-Tartaro-Canal Bianco; ciò si ripercuote ovviamente sia sui corpi idrici superficiali (il livello del fiume Livenza, che ha esaurita una delle due sorgenti, è ancora m. 1,80 più basso rispetto all’anno scorso, mentre Adige, Brenta e Bacchiglione hanno portate largamente inferiori alle medie storiche: rispettivamente -41%, -66%, -85%) sia sulle falde, che in molti casi sono di oltre mezzo metro inferiori ai livelli minimi degli scorsi venti anni. Sulle Dolomiti Bellunesi si è arrivati a registrare oltre 4 gradi di temperatura in più rispetto alla media del periodo (fonte dati Arpav).
Che cos’è il “Piano Laghetti”
Secondo Coldiretti, l’Italia rimane un paese piovoso, con 300 miliardi di metri cubi d’acqua che cadono annualmente. Ma negli ultimi decenni è cambiata la distribuzione delle precipitazioni, proprio a causa della crisi climatica. Inoltre, di tutta quest’acqua, solamente l’11% viene trattenuto in bacini e invasi.
Il piano laghetti punta a realizzare 10 mila invasi medio-piccoli entro il 2030, in zone collinari e di pianura. Secondo i calcoli dei promotori, i nuovi bacini dovrebbero aumentare di più del 60% la capacità complessiva dei già esistenti 114 serbatoi esistenti, contribuendo ad aumentare la percentuale dell’11% di quantità di pioggia attualmente trattenuta al suolo.
Si tratta di invasi di piccole dimensioni, che possono essere realizzati anche “a scala aziendale, singole o in forma associata (consorzi di scopo), e alimentati dal ruscellamento di acque superficiali, da sorgenti, da acque prelevate da corsi d’acqua vicini all’invaso o pompate da pozzi”. Sono strutture a basso impatto, non paragonabili alle grandi dighe per l’idroelettrico.
L’investimento previsto per questa prima tranche del Piano Laghetti è quantificato in € 3.252.946.916,00
Il CIRF (Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale ) è contrario al piano
La costruzione di nuovi invasi compromette gli habitat naturali dei territori interessati, con effetti negativi sulla biodiversità. Il principale effetto negativo sull’ambiente è che i bacini ostruiscono il flusso naturale, per esempio per la migrazione dei pesci.
Il Cirf nel proporre un articolato progetto di rinaturalizzazione dei fiumi delle sponde e golene e del reticolo idraulico minore, a partire dalla decanalizzazione dei troppi corsi d’acqua cementificati, tutte opere volte a favorire la ricarica delle falde.
CIRF sottolinea come il 54% dei consumi annuali di acqua sia imputabile all’agricoltura, settore fondamentale perché produce il cibo che mangiamo. Ma CIRF si domanda se un consumo così alto di acqua non sia dovuto anche al fatto che le attuali colture scelte per i terreni agricoli italiani non siano sostenibili nello scenario della crisi climatica
Quello dei laghetti è un buon programma che avevamo anticipato all’ANBI nazionale nel 2022: 1000 laghetti per il Veneto.
Il problema che possono servire sì da riserve idriche, ma è necessaria la piantumazione massiccia di alberi lungo le loro rive, dei fossati, canali, fiumi per ripristinare il ciclo dell’acqua, l’equilibrio ecologico, favorire la biodiversità.
Servirebbero anche sbarramenti sui fiumi, per creare invasi di riserva idrica, come al Chievo e Pestrino.
Le proposte del CIRF non sono sufficienti a fare fronte alle emergenze idriche imposte dai CC. È necessario conservare l’acqua piovana e di superficie. C’è ne accorgeremo al prossimo periodo di siccità.