La quarta edizione de I Quaderni della Dorsale riserva anche quest’anno molteplici sorprese, che vale la pena di conoscere direttamente dalla voce degli autori, che grazie al loro prezioso impegno e alla loro competenza hanno permesso la realizzazione di questa pubblicazione. Un gruppo che nel corso di questi quattro anni è cresciuto e ha saputo condividere con entusiasmo e fiducia questo progetto. Ringraziamo di cuore gli autori già presenti nelle scorse edizioni: Stefano Magrella, Gabriele Alloro, Alessandra Scolari, Ornella Ambrosi, Gianluca Franchi, Antonella Fiori e presentiamo con molto orgoglio i nuovi arrivati.
DENIS FRANCISC E ANNA ROSA TRICOMI
Che strade hai percorso Denis nella tua vita?
Una ventina di anni fa, mi sono laureato in Lettere e Filosofia con indirizzo archeologico presso l’Università di Padova e da allora mi sono sempre dedicato all’archeologia sia in ambito accademico con un dottorato di ricerca, diverse borse di studio e la partecipazione a progetti nazionali e internazionali, sia in ambito lavorativo collaborando con ditte di scavo archeologico e con enti pubblici e privati. Attualmente sono dipendente della Direzione regionale Musei del Veneto con sede di lavoro presso il Museo Nazionale Atestino di Este.
Perché ti piace scrivere o perché senti l’esigenza di farlo?
La pubblicazione di contributi di taglio archeologico ha sempre fatto parte del mio “mestiere”. Ritengo che scrivere di archeologia sia uno strumento fondamentale non solo per il progresso della ricerca in questo campo, ma anche per la divulgazione della conoscenza del patrimonio archeologico, indipendentemente dall’importanza o dalla ricchezza intrinseca dell’oggetto di cui si scrive. Negli anni, infatti, ho scritto sia di grandi monumenti architettonici che di minuti reperti dimenticati nei magazzini, di ampi temi generali come di realtà archeologiche locali, ma non meno rilevanti per comporre il complesso mosaico della storia antica.
Che cosa racconti in questa edizione de I Quaderni?
Assieme ad Annarosa Tricomi racconto le caratteristiche, il significato e la storia di un cippo funerario presente da secoli a Montorio: un monumento semplice nella forma, ma interessante per il contenuto e per l’importanza che ha (ed ha avuto) nella storia locale.
Una frase che ti rappresenta?
Mi è sempre piaciuta la famosa frase di Gustav Mahler che recita all’incirca: “La tradizione non è culto delle ceneri, ma custodia del fuoco”. Io sostituisco “tradizione” con “archeologia”, ma il senso rimane immutato.
Che strade hai percorso nella tua vita?
Tra le varie strade percorse nella mia vita, una buona parte sono state nel solco dell’archeologia a cominciare dal lontano 2002 quando ho scelto il corso di laurea in archeologia, appunto, presso l’ateneo patavino. Sono stata impegnata, da un lato, sul fronte degli scavi sul campo, lavorando per diversi anni ai cantieri archeologici della città di Verona che sono stati per me miniera infinita di esperienza, studio e legami personali che ancora oggi rientrano tra i miei affetti più cari. Dall’altro lato, mi sono cimentata con la ricerca accademica, approfondendo diversi aspetti della disciplina archeologica durante gli anni della Scuola di Specializzazione, del Dottorato di ricerca e di alcuni progetti universitari post-dottorato.
Nel frattempo, ho cominciato a coltivare quello che attualmente è il mio impegno lavorativo preponderante, ossia l’ambito della valorizzazione, della comunicazione e divulgazione del patrimonio archeologico. Decisiva, in questo, è stata la fondazione, assieme ad un gruppo di colleghe, dell’Associazione Archeonaute. Dal 2010 infatti ha preso vita questa bella realtà associativa, il cui obiettivo principale è il portare l’archeologia al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori e diffonderla ad un pubblico più vasto possibile. Attualmente, con i soci di Archeonaute, mi occupo della completa gestione di tre aree archeologiche sotterranee in città, della didattica archeologica nelle scuole e della progettazione e svolgimento di attività di turismo archeologico in territorio veronese e non solo.
Perché ti piace scrivere o perché senti l’esigenza di farlo?
Scrivere è una forma di comunicare, di raccontare. Quando c’è una testimonianza del passato che “parla” di una storia, grande o piccola che sia, vale sempre la pena darle voce e riconoscerle la dovuta importanza, Mi sento, nel mio piccolo, come un’interprete con l’onere e l’onore di trasmettere ciò che ho studiato al prossimo.
Che cosa racconti in questa edizione de I Quaderni?
Racconto, insieme a Denis Francisci, del cippo funerario di età romana fatto erigere da Manio Cincio per sé e per i suoi genitori, noto ai più come “Il Cippo di Montorio”. Un manufatto che racchiude non solo la “vita” e l’immaginario culturale di una famiglia che visse circa duemila anni fa, ma anche il legame che i cittadini di Montorio da secoli hanno instaurato con questo monumento e che fa sì che il cippo, oggi, abbia la giusta collocazione e visibilità presso il giardino della biblioteca montoriese.
Una frase che ti rappresenta?
Il passato ha sempre esercitato un grande fascino su di me, ma la vera meraviglia che si rinnova sempre è scoprire l’ essere umano che sta dietro qualsiasi reperto archeologico, in una continua conoscenza di se stessi. Rubo i versi al sommo poeta: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza”.
Che strade hai percorso Anna Rosa nella tua vita?
Tra le varie strade percorse nella mia vita, una buona parte sono state nel solco dell’archeologia a cominciare dal lontano 2002 quando ho scelto il corso di laurea in archeologia, appunto, presso l’ateneo patavino. Sono stata impegnata, da un lato, sul fronte degli scavi sul campo, lavorando per diversi anni ai cantieri archeologici della città di Verona che sono stati per me miniera infinita di esperienza, studio e legami personali che ancora oggi rientrano tra i miei affetti più cari. Dall’altro lato, mi sono cimentata con la ricerca accademica, approfondendo diversi aspetti della disciplina archeologica durante gli anni della Scuola di Specializzazione, del Dottorato di ricerca e di alcuni progetti universitari post-dottorato.
Nel frattempo, ho cominciato a coltivare quello che attualmente è il mio impegno lavorativo preponderante, ossia l’ambito della valorizzazione, della comunicazione e divulgazione del patrimonio archeologico. Decisiva, in questo, è stata la fondazione, assieme ad un gruppo di colleghe, dell’Associazione Archeonaute. Dal 2010 infatti ha preso vita questa bella realtà associativa, il cui obiettivo principale è il portare l’archeologia al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori e diffonderla ad un pubblico più vasto possibile. Attualmente, con i soci di Archeonaute, mi occupo della completa gestione di tre aree archeologiche sotterranee in città, della didattica archeologica nelle scuole e della progettazione e svolgimento di attività di turismo archeologico in territorio veronese e non solo.
Perché ti piace scrivere o perché senti l’esigenza di farlo?
Scrivere è una forma di comunicare, di raccontare. Quando c’è una testimonianza del passato che “parla” di una storia, grande o piccola che sia, vale sempre la pena darle voce e riconoscerle la dovuta importanza, Mi sento, nel mio piccolo, come un’interprete con l’onere e l’onore di trasmettere ciò che ho studiato al prossimo.
Che cosa racconti in questa edizione de I Quaderni?
Racconto, insieme a Denis Francisci, del cippo funerario di età romana fatto erigere da Manio Cincio per sé e per i suoi genitori, noto ai più come “Il Cippo di Montorio”. Un manufatto che racchiude non solo la “vita” e l’immaginario culturale di una famiglia che visse circa duemila anni fa, ma anche il legame che i cittadini di Montorio da secoli hanno instaurato con questo monumento e che fa sì che il cippo, oggi, abbia la giusta collocazione e visibilità presso il giardino della biblioteca montoriese.
Una frase che ti rappresenta?
Il passato ha sempre esercitato un grande fascino su di me, ma la vera meraviglia che si rinnova sempre è scoprire l’ essere umano che sta dietro qualsiasi reperto archeologico, in una continua conoscenza di se stessi. Rubo i versi al sommo poeta: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza”.
Per saperne di più
SERATA DI PRESENTAZIONE LUNEDI’ 5 DICEMBRE 2022 alle 20:45
Presso Sala Giovanni Paolo II Montorio