Un po’ di Montorio al Salone del libro di Torino


La professoressa Gina Cambareri ospite al Salone del libro di Torino con il suo ultimo romanzo

“Un’effimera illusione”

 

                                                                   

Quest’anno tra gli stand della XXXV edizione del Salone del libro di Torino, che si è svolto dal 18 al 22 maggio, i numerosi appassionati di libri venuti da tutto il mondo, hanno respirato anche un po’ di aria di Montorio. Infatti la professoressa Gina Cambareri, insegnante di lettere presso la Scuola Secondaria di I grado “Simeoni”, è stata ospite per la presentazione del suo ultimo romanzo “Un’effimera illusione” edito dalla casa editrice Proxima Edizioni. Un’occasione speciale dunque per condividere questa prestigiosa esperienza conoscendo meglio i protagonisti di questo romanzo: l’autrice e le protagoniste della storia.

Le donne sono le vere protagoniste della storia: chi sono e cosa rappresentano?

Il romanzo, a capitoli alterni, narra le vicissitudini e le disavventure di due donne che sono le protagoniste del libro: Ginevra, donna del presente, affermata professionista nel lavoro, è un medico chirurgo, ma con una travagliata vita privata, attraversata da diversi momenti di sconforto, causati sia dalla disabilità del figlio, sia dal fatto che, oltrepassati i quarant’anni, percepisce che il suo corpo sta cambiando. Inoltre, si sente trascurata dal marito che è sempre occupato nel lavoro, e  trova rifugio tra le braccia di Vittorio, una vecchia fiamma che emerge dal passato. Invece, l’altra signora è la nonna Giovanna (Giò), donna del passato, forte e determinata, vissuta negli anni della persecuzione degli ebrei e costretta a fuggire in America, con la sua numerosa famiglia. Rimasta vedova molto giovane, è stata obbligata a sposarsi, per procura, con un americano. Ha vissuto le avversità dei campi di concentramento, ma si è salvata per una strana coincidenza, grazie ad un altro uomo dal nome Vittorio. Le due donne sono accomunate dalla forza, ma anche dalla fragilità e sono legate tra loro da un profondo legame di affetto, essendo nonna e nipote. Le due donne, una nel presente e l’altra nel passato, si confronteranno con le verità che si celano sotto la realtà, perché la vita non è mai a senso unico e quelle strade, apparentemente tracciate in modo inequivocabile, possono invece arrivare a legarsi in trame, talmente fitte da diventare indistinguibili. Ginevra e Giò sembrano ripercorrere gli stessi passi, unite da un libro che racconta un amore potente e superiore alle leggi del tempo, che conduce a un destino oscuro e drammatico che porterà entrambe a prendere una decisione che cambierà per sempre le loro vite.

La Storia nelle storie: la Storia con la S maiuscola fa da sfondo alle storie di vita delle protagoniste, perché?

Io credo che la Storia della deportazione degli ebrei e di quello che hanno vissuto i nostri nonni non debba essere dimenticata, anzi è necessario che i nostri ragazzi non scordino quello che è successo nel passato, che serva da monito a scongiurare il non ripetersi in futuro. Un brutto momento del nostro presente che ho trattato nel romanzo, che ha messo a dura prova la nostra resistenza fisica e mentale, è stato il Covid19. Sembra che abbiamo vissuto una guerra silenziosa, senza armi, senza rumore con un totale silenzio nelle strade. Ognuno di noi si sentiva inerme, incapace di trovare una soluzione. Per fortuna ne siamo usciti, con la consapevolezza e l’importanza di stare insieme, di cogliere ogni attimo e di vivere qualsiasi momento con gioia, con serenità e con resilienza.

Gina Cambareri: donna, mamma (di 5 figli), moglie, professoressa e volontaria impegnata socialmente, (l’ordine della domanda non è certamente gerarchico). Quanto c’è di lei nel libro? C’è qualcosa che prevale?

Ogni scrittore mette dentro ogni libro una parte di sé, infatti, c’è tanto di me in questo romanzo. A partire dalla nonna Giò che ricorda molto mia nonna materna Rosina, rimasta anche lei vedova con una famiglia numerosa da portare avanti. È stata una donna forte e determinata, come la nonna Giò. Ho voluto ricordare anche mia zia Ginetta che era affetta da un ritardo mentale, infatti, si può identificare con Mariuccia, zia dell’altra protagonista Ginevra. La disabilità di cui parlo e che ho descritto nel romanzo non è vista come sentimento di pietismo, ma come gioia, come allegria perché sono gli stessi sentimenti che io condivido nell’associazione di cui faccio parte che si occupa di teatro inclusivo. L’essere madre è evidente in tutte e due le donne protagoniste del romanzo, che lottano con le unghie e con i denti per affrontare tutte le avversità che la vita pone loro davanti, lo fanno per dare un futuro migliore ai loro figli e rendere la loro la vita più serena e tranquilla. C’è anche una parte che riguarda il mio essere insegnante, perché la figlia della migliore amica di Ginevra, Camilla, subisce atti di bullismo da parte dei compagni, anzi cyber bullismo che è un fenomeno molto diffuso purtroppo nelle nostre scuole. Poi ho scritto della mia terra d’origine la Calabria, del suo mare, che per me rappresenta la mia essenza, dei sapori e dei profumi di questa terra meravigliosa.

Ma veniamo al Salone del libro, cosa si prova a presentare il proprio romanzo in un contesto così prestigioso?

L’esperienza del salone internazionale del libro di Torino è stata entusiasmante e gratificante, vedere il proprio libro esposto insieme a grandi nomi della letteratura, della politica, della scienza è stato fantastico. Trovarsi lì, percepire l’odore dei libri, ed essere immersa in tanta cultura, così concentrata nello stesso posto, mi ha fatto sentire come una bambina che si trova in un negozio di caramelle di tutti i tipi e di tutti  gusti e non sa cosa scegliere, quali sono le più buone e vorrebbe comprarle tutte. Mi sono sentita proprio così, avrei voluto leggere e sfogliare tutti quei testi.

Come professoressa, un consiglio per studenti futuri scrittori?

Il consiglio che do sempre ai miei alunni è di leggere tanto, qualsiasi genere di libro, non solo perché può aiutare a scrivere meglio, ma, soprattutto,  perché apre la mente e dà la possibilità di affacciarsi verso nuovi orizzonti, in cui si può scegliere se essere il protagonista della storia o un semplice spettatore.

 

 

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