Il 12 maggio 1944 arrivano i tedeschi prelevano gli ebrei: destinazione Auschwitz.
di Roberto Rubele
Indossano divise totalmente nere, nere e lugubri come la morte […] Ci intimano con brutalità di raccogliere presto le nostre poche cose e di salire immediatamente sull’autobus che è arrivato con loro e che subito parte per destinazione ignota[1].
Questi sono i ricordi di Leone Fiorentino dell’arrivo dei tedeschi a Montorio e dell’inizio del viaggio verso Auschwitz. Sono passati 80 anni da quel 12 maggio 1944. Leone assieme a circa 60 detenuti, in prevalenza originari di Roma, sono trasferiti a Verona, dopo l’arresto all’inizio di febbraio 1944 e rimangono nella città scaligera per circa 3 mesi, prigionieri prima a Ponte Cittadella a Verona e poi alla D.A.T. La Colombara nelle campagne vicino a Montorio.
E’ l’Ordinanza n.5 del Ministro dell’Interno Guido Buffarini Guidi, del 30 novembre 1943, che stabilisce l’internamento di tutti gli ebrei in campi di concentramento provinciali e la confisca dei loro beni. A seguito di questa ordinanza furono creati luoghi di detenzione provinciali, provvisori, di raggruppamento e transito che ebbero vita brevissima. Nel Veneto furono istituiti campi di concentramento provinciali a Padova, in località Vò Vecchio, in una villa abitata da suore; vicino Vicenza, nella colonia alpina di Tonezza del Cimone, un paese a 1.000 metri di altitudine, e a Verona.
Il campo di Verona fu realizzato in un fabbricato in località Ponte Cittadella, vicino a via Pallone e successivamente nelle campagne di Montorio nel casolare denominato D.A.T. (Difesa Aerea Territoriale) La Colombara a sud della Corte Colombare.
Le informazioni sul casolare di Montorio sono state raccolte principalmente dalle lettere che i detenuti inviano ai familiari. Aurelio Spagnoletto, detto Peppino, mentre era detenuto a Verona Ponte Cittadella, nella comunicazione alla moglie il 14 aprile 1944, scrive: “Forse tra giorni andremo via da questo luogo, però andiamo vicino Verona distante 5 km[2]”. Questa informazione trova conferma nella lettera di Tranquillo Sabatello scritta a Verona il 19 aprile 1944: “Cara Enrica ci spostano da qui che siamo al centro di Verona, ma andiamo forse non è sicuro qua vicino a quattro chilometri da qua[3]”.
Ma il trasferimento che in molti sperano essere quello definitivo, subisce dei ritardi, come indicato nella lettera di Spagnoletto del 21 aprile 1944: “Si doveva partire questi giorni ma pare che la partenza è rimandata alla fine del mese, forse spero che alla nuova destinazione si stia molto meglio tanto per dormire come per mangiare neanche come tranquillità, perché sarà nostra dimora fino alla fine[4]”.
I prigionieri sembrano rassicurati dallo spostamento in campagna, lo si deduce da quanto contenuto nella lettera che Tranquillo Sabatello invia alla moglie il 21 aprile: “Cara Richetta ti faccio noto, che forse andiamo via da qua e ci spostiamo sempre qua a Verona di circa quattro chilometri, ossia veniamo a stare in campagna e forse più sicuri dai bombardamenti; e più aria anche per Carlo”.
Carlo Sabatello di anni 12, figlio di Tranquillo, si reca addirittura nelle campagne di Montorio al casolare con qualche giorno di anticipo e avvisa la mamma nella lettera sempre del 21 aprile: “Cara mamma. […] Io già sono stato a vedere il posto e sono rimasto molto contento anche perché è un bel posto, e si sta in campagna così io avrò molto spazio per giocare anche perché c’è molto più aria[5]”.
Leone Fiorentino, uno dei pochi fortunati sopravvissuti del gruppo, racconta nel suo libro “La marcia della morte: da Auschwitz a Dachau 1943-1945”[6] alcuni particolari sul trasferimento a Montorio: “Veniamo trasportati tutti con alcuni autobus militari in una località denominata San Michele Extra, a pochi chilometri da Verona. Veniamo alloggiati in un vecchio casolare abbandonato recintato. Qui buona parte del giorno lo trascorriamo all’aperto, in mezzo al verde che ci circonda. Un ruscelletto scorre proprio al limite del terreno antistante il casolare e con le sue acque ci permette, utilizzando la terra bagnata dal greto, di lavare le poche stoviglie che ci è permesso tenere e qualche indumento personale. Malgrado il maggiore rigore imposto dai nuovi militi, voluto dal loro inflessibile comandante, viviamo ora in uno spazio decisamente più ampio e ci consente una più larga possibilità di movimento”.
Nella lettera spedita l’11 maggio 1944, Aurelio Spagnoletto troviamo le ultime indicazioni sulla detenzione a Montorio: “La nostra salute è ottima l’appetito non manca, se tu mi vedessi ho preso una tintarella sembra che sia stato ai bagni”.
Il 12 maggio il questore di Verona segnala che sono “consegnati al Tenente Eisenkollb della S.S. Untersturm Fuhrer beim B.d.s. [sic] di questa città, gli ebrei, provenienti da Roma, che erano stati associati al campo di concentramento di Montorio sotto la direzione del Comando del 40° Battaglione Mobile della Guardia Nazionale Repubblicana, ad eccezione dei sottonotati che si trovano ricoverati per malattia all’Ospedale Civico[7]”.
Da Verona saranno condotti per qualche giorno a Fossoli e poi verso Auschwitz.
Roberto Rubele
Approfondimento
Trasmissione televisiva Verona Segreta – Il campo di concentramento di Montorio – Prima puntata
Trasmissione televisiva Verona Segreta – Il campo di concentramento di Montorio – Seconda puntata
Bibliografia
Albrigi Cristian, Alloro Gabriele e Rubele Roberto, 26 aprile 1945. Una lunga scia di sangue tra Montorio, Ferrazze e San Martino Buon Albergo, Cierre, Verona 2018.
Buttura Roberto, I 62 di Montorio. Una criminale tragica storia, in «I Quaderni della dorsale», n.4, Gingko edizioni, Verona 2022.
Note
[1] http://museodiffusotorino.memoro.org/it/Leone-Fiorentino-4-9-%E2%80%93-L%E2%80%99arresto_7226.html.
[2] http://www.archivio-torah.it/spagnoletto/.
[3] Tagliacozzo Franca, Gli ebrei romani raccontano la propria Shoah, Giuntina, Firenze 2010, pp. 323-324.
[4] http://www.archivio-torah.it/spagnoletto/.
[5] Tagliacozzo Franca, Gli ebrei romani raccontano la propria Shoah, Giuntina, Firenze 2010, p. 323.
[6] Fiorentino Leone, La marcia della morte: da Auschwitz a Dachau 1943-1945, Mursia, Milano 2002, pp. 89-90.
[7] Berger Sara, I signori del terrore. Polizia nazista e persecuzione antiebraica in Italia (1943-1945), Cierre, Verona 2016, p. 187.