La Regione Veneto Veneto costretta, ancora un volta, a “sforbiciare” le dirigenze scolastiche: è l’amara resa dei conti del declino demografico
La Giunta Regionale del Veneto lancia un grido d’allarme silenzioso, ma eloquente: la delibera n. 358 del 1° aprile 2025 è la cartina tornasole di una crisi nazionale che morde sempre più a fondo. Il tema? La riorganizzazione della rete scolastica per l’anno 2026-2027, un eufemismo per annunciare tagli dolorosi resi inevitabili da un nemico subdolo e inesorabile: il continuo e crescente calo demografico.
Le cifre parlano chiaro e non ammettono repliche. Il Veneto, come il resto d’Italia, vede assottigliarsi di anno in anno la sua popolazione studentesca. E la conseguenza diretta, nero su bianco nella delibera, è la progressiva riduzione delle sedi di dirigenza scolastica riconosciute dallo Stato. Si passa dalle 560 del 2024-2025 alle sole 550 previste per il 2026-2027. Un’emorragia di risorse umane che inevitabilmente si ripercuoterà sull’organizzazione e la qualità del sistema educativo regionale.
La Regione, con le mani legate dai vincoli di finanza pubblica e dalla necessità di “efficientare” il sistema (leggi: tagliare i costi), non ha altra scelta che prendere atto di questa triste realtà. Le “Linee guida” approvate non sono altro che la bussola per navigare in questo mare in tempesta demografica, cercando di razionalizzare e armonizzare un’offerta formativa che deve fare i conti con sempre meno alunni.
Si parla di “revisione della rete scolastica“, di “raggiungere una dimensione degli istituti tale da assicurarne la continuità e la stabilità“, ma dietro queste formule burocratiche si cela la necessità di accorpamenti, fusioni e, in ultima analisi, soppressioni di scuole. Un sacrificio imposto da un Paese che invecchia e non riesce a garantire un ricambio generazionale.
Certo, la delibera ammicca alla salvaguardia delle “specificità” delle aree montane, delle piccole isole e delle zone con minoranze linguistiche. Ma è lecito dubitare che queste eccezioni possano arginare la portata di un fenomeno demografico che sta riscrivendo le mappe della nostra società.
Questa delibera non è solo un atto amministrativo regionale: è un sintomo lampante della crisi strutturale che affligge l’Italia. Un Paese con sempre meno giovani è un Paese con meno futuro, con meno risorse umane per sostenere il suo sistema economico e sociale. La scuola, termometro sensibile di questa tendenza, ne paga per prima le conseguenze. Senza contare l’ulteriore emorraggia di giovani che lasciano l’Italia per approdare lavorativamete in altri stati europei.
Da un controllo dei valori espressi dall’ufficio statistica del comune di Verona relativamente alla distribuzione della popolazione minorenne nel quartiere di Montorio periodo (31/12/2004-31/12/2023) i dati sono i seguenti: 1.177 minorenni nel 2004 e 905 nel 2023 con un saldi negativo di 272 persone. Sempre al 31/12/2004 Montorio contava 6.487 abitanti mentre al 31/12/2023 erano 6.254 (di cui 344 “stranieri”) (n.d.r.: 6.248 al 31/12/2024) con evidenza di un saldo negativo demografico di 233 persone. L’età media della popolazione al 31/12/2004 era di 41,93 mentre al 31/12/2023 indica 47,91.
Il comune di Verona al 31/12/2024 esprime una popolazione di 256.284, di cui 37.772 straniera, erano 259.387 al 31/12/2005. Il punto più alto di nascite a Verona risale all’anno 1965 con 4.534 persone, quello più basso proprio nel 2024 con 1.625. La Circoscrizione 8^ nel marzo 2025 consta di 17.558 abitanti erano 17.891 nello stesso periodo del 2014 (dato provvisorio della popolazione residente al 15 del mese).
Ricordo che nell’anno 2011 a seguito del censimento demografico la polazione anagrafica risulta ricalcolata.
Ringrazio l’Ufficio statistica del comune di Verona per la quantità e qualità di dati resi disponibili al pubblico.
La realtà demografica ci presenta concretamente, giorno dopo giorno, un conto sempre più salato e la riorganizzazione forzata della rete scolastica veneta è solo l’ultimo, amaro capitolo di una storia che rischia di compromettere il futuro dell’intera nazione. Forse è il momento di smetterla di ignorare il ruggito silenzioso del calo demografico, prima che l’Italia si ritrovi con scuole vuote e un futuro ancora più desolante.
Alberto Speciale