Il campanile e le campane


IL CAMPANILE E LE CAMPANE DI MONTORIO

Articolo pubblicato il 24 marzo 2008 – Aggiornato il 29 ottobre 2020

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Una Pieve antica di almeno dieci secoli come quella di S. Maria Assunta di Montorio è senz’altro carica di storia ed anche il campanile con le sue campane, elemento integrante e indispensabile di tutte le chiese, ha parecchio da raccontare. La prima notizia che abbiamo raccolto è del 1460, ma è per segnalarne la sua mancanza. Il 1° maggio di quell’anno, infatti, Matteo Canato, vicentino, vescovo di Tripoli e Vicario del vescovo di Verona Ermolao Barbaro si era recato in visita pastorale alla chiesa pievana di Montorio e così leggiamo nel suo diario (traduz.): “La chiesa è ora ben rinforzata nelle sue strutture murarie, poiché aveva bisogno di un vasto intervento di restauro, ha cinque altari… una buona sacrestia ma non ha il campanile, ha tuttavia una campana in chiesa…” .
Vien da pensare che, visto quanto nella relazione, il campanile, era crollato o comunque fosse ridotto in uno stato tale che conveniva abbatterlo e rifarlo nuovo. La campana che era stato portata all’interno della chiesa ne testimonia la sua esistenza. Quando questo campanile sia stato costruito non si sa poiché non esiste documentazione. Nel 1527 la chiesa non era certo in buona salute: il vicario Antonio Beccari, mandato in visita dal vescovo Gian Matteo Giberti trattenuto in quel tempo a Roma per affari di Stato, trova la chiesa mezza scoperchiata e il cantiere fermo da quattro anni, anche la canonica non sta meglio e minaccia il crollo ma non si parla di campanile. Solo nel 1541 il Giberti, recatosi personalmente a visitare la chiesa ordina di costruire un arco di rinforzo nella parte bassa del campanile e di munirlo di solai. Il manufatto era stato costruito non con base propria appoggiato o comunque vicino alla chiesa ma, come risulta da alcuni disegni seicenteschi e settecenteschi, all’interno del tempio stesso, sopralzando i muri d’angolo a sinistra dell’altar maggiore cioè verso monte e poggiante all’interno su colonne. Ciò spiega l’ordine del Vescovo circa l’arco e si deduce leggendo attentamente il verbale della citata visita del 1541 dove è scritto che il Vescovo raccomanda anche di risistemare decorosamente l’ altare posto sotto il campanile oppure rimuoverlo definitivamente e più avanti consiglia di mettere il sacrario in un angolo sotto il campanile. Quest’ultimo, sempre dai citati disegni, si presentava con la cella campanaria non molto alta rispetto alla chiesa, con due aperture per ogni lato e con una cuspide molto alta e slanciata. Certamente vi era anche un concerto di campane: non si sa quante fossero né il fonditore, ma ne abbiamo notizia dai verbali delle visite vescovili, quando l’arrivo del Pastore in paese veniva salutato, oltre che da festosi squilli di trombe e spari di fucili, dal suono a distesa delle campane.
Passarono molti anni, finì il lungo Dominio Veneto, la breve parentesi dell’Impero Napoleonico, poi, nel 1814 arrivò quello Austriaco. La nostra chiesa era in forte degrado e la canonica ancor di più e pure gli eventi bellici di quelli anni avevano lasciato i loro segni. Occorreva un generale rifacimento: il governo Austriaco, al contrario dei precedenti, era prodigo di aiuti alle parrocchie e così l’allora Arciprete don Michelangelo Caravana affidò al grande architetto Bartolomeo Giuliari il compito di rinnovare chiesa, canonica e campanile. I lavori iniziarono intorno al 1824, la facciata fu completata nel 1828 e qualche anno dopo il campanile venne portato a termine non più verso monte ma verso valle vicino allo Squarà. Il posto non era dei migliori poichè il terreno sorgentizio non dava garanzie di stabilità; le sorgenti furono quindi canalizzate, il terreno intorno rialzato e chiuso da un potente muro, il campanile fu realizzato a base larga onde meglio distribuirne sul terreno il peso e si inglobò come rinforzo parte del muro maestro della chiesa. Nel 1833 vi fu posto un concerto a otto campane in Mi. Anche qui nulla sappiamo dell’artigiano che portò a termine l’opera essendo andati perduti tutti i libri di fabbriceria. Possiamo pensare a Pietro Cavadini, capostipite di quella grande dinastia di fonditori di campane vanto di Verona per quasi due secoli. Montoriese di origine, egli aveva aperto la sua prima fonderia nel 1792 a Montorio dove rimase fino al 1812 quando la trasferì in città. Di questo concerto abbiamo anche una curiosa annotazione del 1841, quando il Sindaco ( amministratore ) dei chierici della Pieve don G.B. Valbusa, presentando il rendiconto finanziario del 1840 fece conoscere che “si era spezzata una fra le campane della Pieve e venivano chiamati i Chierici a concorrere alla rifusione della stessa”. Gli fu risposto che “In origine bastava una campana e questa sola è necessaria per convocare il popolo”, per altro, a semplice titolo di offerta volontaria, lungi da costituire obbligazione, offrirono lire 36 ingiungendo al sindaco di passarle alla Fabbriceria. Nel 1859 si trasferì a Montorio con la famiglia Francesco Sabaini da Castagnè, aveva allora otto anni ma divenne in poco tempo un artista poliedrico: orologiaio, fisarmonicista, meccanico e suonatore di campane. Un giorno, si era nel 1868, egli chiese perché essendovi otto campane se ne suonassero solo cinque e con visibile fatica. Gli fu risposto che le altre tre erano stonate e che la fatica di suonare era enorme a causa dell’armamento in legno assai sconnesso. Il Sabaini, pratico della cosa, ci mise dentro le sue mani e il suo ingegno. Quando tutto fu accomodato fece dare la prova con le campane maggiori che riuscì sorprendente poiché cinque soli uomini le suonarono e con sorprendente facilità. Questa fu la prima vittoria, ma venne anche la seconda quando fece suonare tutte otto le campane e lui diresse l’esecuzione che fu un successo. Altro che stonate! Ne uscì una concertazione che stupì il paese e riempì di orgoglio i suonatori. Alcuni anni dopo, nel1883, la rottura di una campana dette motivo di pensare a rifondere l’intero concerto per farne uno più bello e più grosso. La discussione era animatissima poiché c’era chi non voleva badare a spese pur di avere un concerto di campane di grande prestigio. L’Arciprete don Francesco Greco, che faceva da moderatore, con molto senno convinse tutti proponendo un concerto di sei campane sul modello di quello prestigioso della chiesa di San Nazaro di Verona. Furono avviate e rapidamente concluse le trattative con la fonderia Cavadini ed anche il Comune di Montorio volle fare la sua parte donando due piccole campane tolte dalla sconsacrata chiesa di Sant’Anna posta nell’attuale Via Guerrina. Esse pesavano in tutto 166 Kg : la maggiore fusa nel 1794 dall’artigiano anconetano Carlo Casali recava, oltre al nome del fonditore, la scritta: “A fulgore et tempestate libera nos domine” , l’altra di 66 Kg, più antica, era stata fusa a Verona dall’artigiano padovano Lucio De Rossi nel 1710 e recava la scritta “Pro furto similis- piorum demun elemosinis posita” (a causa del furto di una simile, fu finalmente posta a spese di persone pie). Queste, assieme alle altre otto staccate dal campanile, finirono nel crogiolo di Cavadini e ne uscì un bellissimo concerto di sei campane in RE b che nel mese di luglio era già pronto. Fu portato a Montorio sui carri trainati da buoi passando per S. Michele Extra , sotto sotto per suscitare l’invidia degli abitanti di quel paese che
scesero in strada minacciosi. Visto che le cose si stavano mettendo male i carrettieri si difesero dicendo che erano passati di lì solamente perché i buoi non ce la facevano a superare la salita di Porta Vescovo.
Foto1.jpg Un’ultima difficoltà sorse al momento di issare le campane sul campanile poiché i finestroni erano stretti e si dovette allargarli. Finalmente il 29 luglio 1883 vi fu la solenne inaugurazione con una grande festa. Il concerto rimase di sei campane fino al 1914, quando, in occasione della rifusione della campana grossa, ne furono aggiunte altre due portandolo così ad otto. La nona arrivò nel 1929 e il concerto fu montato su un geniale castello. Nel 1965 fu aggiunta la decima: una piccola campana tolta dalla chiesa di SS. Trinità di Verona. Durante la guerra il concerto di Montorio, come quelli di tutte le chiese, subì una grave mutilazione. In applicazione del Regio Decreto 23 aprile 1942, nel novembre di quello stesso anno giunse in parrocchia una lettera del Sottosegretario per le Fabbricazioni di guerra che annunciava l’inizio della raccolta delle campane per farne cannoni. Ogni parrocchia doveva consegnare il 60% del peso delle proprie campane e così, qualche settimana dopo furono tolte dal campanile tre campane: la grossa (nove), la sette e la sei. Il fatto che a dirigere tutta l’operazione per conto del Ministero fosse stato chiamato il fonditore Cavadini risparmiò alle campane e ai concerti molti danni e scelte sbagliate. In molte regioni si attivarono le autorità civili per limitare i danni ma da noi nessuno si mosse. Il 15 dicembre 1943 il Vescovo mons. Cardinale inviò una petizione alle autorità militari che rimase senza esito. Ci si decise allora a far da soli ed ecco che a Montorio qualcosa si ottenne: grazie all’interessamento dei sacerdoti presso persone influenti, si riuscì ad ottenere, nel marzo 1944 la restituzione della campana grossa che non aveva lasciato Verona e che così potè ritornare al suo posto. Anche Pigozzo riuscì a ricuperare una campana e Mizzole riuscì addirittura ad ottenere la restituzione di entrambe le campane che erano state tolte. Le alte finirono in un cantiere di Genova dove vennero ricuperate intatte a guerra finita. Il ritorno fu solennemente festeggiato con un grande concerto della Scuola Campanari in occasione delle Missioni il 28 ottobre 1945. Per oltre un secolo i Sabaini diressero questa Scuola con grande competenza e bravura, componendo anche molte suonate, vincendo numerose gare ed imponendosi all’attenzione dei campanari delle provincia e di quelle limitrofe.
Foto4.jpg A Francesco Sabaini padre successe il figlio Francesco e quindi Giuseppe o Beppino. Un giusto riconoscimento dei meriti dei campanari di Montorio avvenne nel 1952 quando ebbero l’alto onore di inaugurare il concerto di campane della chiesa di S. Eugenio a Roma e dove eseguirono una serie di suonate che stupì l’intera Capitale.
Nei suoi oltre 170 anni di vita il campanile di Montorio non subì rifacimenti ma solo lavori di restauro conservativo e normali lavori di manutenzione e rinnovo dei quadranti dell’orologio, altro elemento di tutti i campanili. In un’epoca in cui gli orologi, soprattutto quelli da polso erano merce rara, l’orologio del campanile rivestiva una funzione sociale molto importante tanto che le spese della sua posa e manutenzione erano a carico del Comune. Le campane segnano le vicende liete e tristi della vita di una comunità mentre il campanile, anche nel linguaggio comune ne è diventato il simbolo d’unione per eccellenza: entrambi vanno conservati come patrimonio religioso e civile della Nazione intera.

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